Favara cultura tradizioni, artigianato economia.

Favara costituisce oggi uno dei centri più popolosi della provincia di Agrigento. Ha una popolazione di circa 33.000 abitanti. L’economia del paese oggi è rappresentata dall’agricoltura (vigneti, mandorle, pistacchi, prodotti di serra cultura ecc.), artigianato, commercio, imprenditoria delle costruzioni e dal terziario. Il paese affonda la sua esistenza nella preistoria come testimoniano gli insediamenti della Ticchiara dove sono stati rinvenuti importanti reperti archeologici tra cui alcuni vasi di tipo castellucciano. Un altro sito interessante e fruibile dal visitatore è l’insediamento in contrada Stefano, ricco di tombe a grotticella artificiale. Favara riappare nell’evo antico come confermano gli insediamenti greco-romani di Caltafaraci e di contrada Saraceno. In questa ultima contrada vi è stata ritrovata una villa romana con finissime decorazioni a mosaico monocromo con motivi geometrici e raffigurazioni di animali (pesci). Più a valle nel sec. XIII nasce il Palazzo medievale detto dei Chiaromonte sito in Piazza Cavour già Piazza Castello; si presenta al visitatore in tutta la sua imponenza con l’ingresso principale composto da un grande arco acuto finemente decorato e una loggia che ci introduce all’interno dell’atrio quadrangolare, dal quale si accede al piano nobile attraverso una scala poggiata sulla parete sinistra dell’atrio. La loggia superiore offre al visitatore un magnifico ed unico lavoro in basso rilievo dove vengono raffigurati gli stemmi araldici dei Chiaromonte e di altre famiglie nobili del tempo. La Cappella, oggi privata dell’altare, porta il visitatore indietro nel tempo per la presenza al suo interno di decorazioni in basso rilievo e marmi pregiati. Una cupola centrale con dei fori rettangolari intorno alla sua base permette ai raggi solari di penetrare producendo una luce soffusa all’interno della piccola chiesetta. Il visitatore si sente cosi avvolto da questa atmosfera che gli fa rivivere, per un istante, i suoni e le voci del tempo. Il paese si sviluppa assai lentamente, ma in maniera costante. Ne è prova la presenza numerosa di chiese ancora oggi esistenti che confermano, tra l’altro, lo spirito religioso del popolo favarese. Nell’ottocento, per una serie di motivi concomitanti tra cui l’espansione dell’industria solfifera e dell’agricoltura, la cittadina si ornò di sontuosi e ricchi palazzi con decorazioni in pietra a basso rilievo e affreschi nei saloni di rappresentanza, che oggi costituiscono motivo di interesse per gli studiosi e di attrazione per i turisti. Tra le tradizioni popolari che possiamo trovare nella città un importante ruolo hanno sempre ricoperto quelle religiose tra cui la festa di S. Giuseppe con le tipiche tavolate e l’immancabile minestra fatta con tantissimi formati di pasta di grano duro, verdure stagionali e legumi. Al visitatore ne verrà offerta sicuramente una ciotola. La festa della Madonna dell’Odigitria, oggi dell’Itria, ha radici molto antiche. Don Calogero Gariboli primo parroco della chiesa dell’Itria dice nel suo lavoro “Ricerche storiche sulla chiesa dell’Itria di Favara”, pubblicato nel 1967, che molto probabilmente il culto e la venerazione della Madonna dell’Itria lo portarono a Favara gli albanesi già residente a S. Muxaro verso la fine del quattrocento. Con certezza, dice il Gariboli, già nel 1608-1609 si ha notizia della nuova e vecchia chiesa dell’Itria nell’archivio della Curia Vescovile di Agrigento e nel registro delle rendite nell’archivio parrocchiale della chiesa Madre di Favara. L’attuale chiesa dell’Itria, si dice, che sorga su di una vedetta Chiaromontana; osservando il portale d’ingresso il materiale utilizzato sembra uguale a quello utilizzato per la costruzione del castello Chiaromonte. Un’altra ricorrenza religiosa molto sentita dalla comunità favarese è quella di S. Calogero, anche questa animata da un comitato che organizza processioni per la vie del paese e raccoglie le offerte che negli anni passati sono sempre state molto generose. Il patrono di Favara contrariamente a quanto si pensa non è S. Giuseppe ma S. Antonio. Quest’ultimo non ha mai avuto la devozione e i festeggiamenti dei precedenti Santi. Comunque un paese molto devoto che mette sempre all’interno di una qualsiasi ricorrenza il gusto per la buona tavola in compagnia di tante tantissime persone. Un detto molto comune a Favara è quello che dice “chiossa semu meglio è” oppure “un ti cumbunniri chiddrru chi basta a unu vasta a centu”. Fra le tradizioni locali annovera un posto di rilievo la produzione dell’Agnello Pasquale che avviene in concomitanza della Pasqua, in questa occasione viene prodotto e commercializzato l’”Agnello Pasquale” tipico di Favara. E’ un dolce molto saporito, la cui base è formata da mandorle e pistacchio con l’aggiunta di zucchero in percentuale variabile a seconda del produttore. Il tutto opportunamente lavorato viene inserito in delle forme d’agnello di svariate misure espresse in Kg. Il paese si mobilita per la preparazione del dolce tipico un mese prima della Pasqua, giacché le richieste sono in continuo aumento e arrivano anche da fuori i confini della nostra Isola. “L’Agnello” si prepara nelle pasticcerie, nei bar e in alcuni laboratori attivi solo nel periodo pasquale; certamente non può mancare la produzione casereccia in dialetto diciamo “ a’ pparti di casa”. Per avere un idea di quanto la tradizione viva e venga tramandata di generazione in generazione riportiamo di seguito un intervista ad una anziana signora:

Favara 2 marzo 2004 ore 17.00 intervista

  1. D) Come si chiama ?
  2. R) Mi chiamo Amico Rosalia sono nata a Favara il giorno 8 del mese di luglio nell’anno 1920 ho 84 anni e sono residente a Favara in Corso Vittorio Veneto n. 1.
  3. D) Zia Rosalia ricorda se faceva l’agnello pasquale durante la festa di Pasqua?
  4. R) Ma comu? È certo che lu faciva macari ancora lu fazzu!
  5. D) Ma chi le ha insegnato a fare l’agnello?
  6. R) Faremo la traduzione per rendere comprensibile a tutti l’intervista. Me lo ha insegnato mia madre che si chiamava Terrasi Filippa ed è nata a Favara 08/07/1896 ed abitava nel quartiere di S. Calogero, penso che anche a lei glielo abbia insegnato mia nonna.
  7. D) Zia Rosalia ci può dire la ricetta e il procedimento?
  8. R) Certu! Amuni! Certo! Cominciamo!
  1. Si prendono 1 Kg di mandorle si scottano in acqua per poterle spellare poi si mettono al sole per due tre giorni;
  2. Si macina la mandorla con il tritatore e si aggiunge 800 gr di zucchero si amalgama il tutto;
  3. Il pistacchio viene preparato con un rapporto di 200 gr. per 1Kg di mandorle più 200 gr. di zucchero;
  4. Per rendere più compatta la pasta di mandorle si prepara il “Cileppu”che consiste in 800gg di zucchero più un bicchiere d’acqua si lascia sul fuoco fino ad ottenere una densità misurabile con le dita cioè tra un dito e l’altro il “Cileppo” doveva filare;
  5. Si mischiano le mandorle e il cileppo, sul fuoco vivo, facendolo diventare bene compatto, lo stesso lavoro viene fatto per il pistacchio;
  6. Si mette a riposo per 24 ore;
  7. Trascorse 24 ore si rimacina il tutto finemente ora con le macchine ma prim,a “cu chissi punza !”
  8. Si preparano le forme e si mette una prima suolata di mandorle poi il pistacchio e poi di nuovo le mandorle si chiudono le due formelle;
  9. Dopo pochi minuti si tolgono le formelle e si prepara la velata;
  10. Per fare la velata bisogna occorrono 2       bianchi d’uovo, zucchero quanto basta, 2 gocce di limone si sbatte il tutto fino ad ottenere un liquido no troppo denso. Si ricopre con un leggero velo tutto l’agnello.
  11. La decorazione avveniva con 2 chicchi di caffè per rappresentare gli occhi e il muso veniva dipinto con il colore di una caramella sciolta.

Fin qui abbiamo sentito la ricetta della signora Rosalia Amico, ma non possiamo fare a meno di ricordare la ricetta delle Suore del collegio di Maria che, anche se non abbiamo un riscontro documentale, è la più antica di Favara. Il Collegio nasce dal riadattamento del palazzo De Marinis nobile famiglia che visse a Favara e proprio nel 1616 Maria De Marinis dona alla comunità favarese il suo palazzo. Il Collegio nei suoi lunghi anni di esistenza ha sempre svolto un ruolo importante per la collettività, soprattutto dal punto di vista dell’istruzione; tanti sono stati gli allievi e allieve che hanno frequentato la scuola elementare quando questa non era assicurata dallo Stato e tante sono state le allieve che hanno seguito i corsi di ricamo e cucito. La testimonianza di questi lavori magnifici lavori, anche in filo oro, sono esposti nel salone di rappresentanza. Tra i temi raffigurati non poteva mancare l’agnello pasquale. Un’altra testimonianza dell’operato delle suore per quel che riguarda l’agnello pasquale, sono riuscito a rintracciarla con un intervista ad una Suora.

 

Ora vi darò la ricetta dell’Agnello Pasquale dettatami da Suor Benigna di anni 60 anni:

Il rapporto deve essere 900 gr di zucchero per 1 kg di mandorle;

1 kg di zucchero per 1 kg di pistacchio;

  1. Si spellano le mandorle, si fanno asciugare e si macinano;
  2. Si fa sciogliere lo zucchero con l’acqua e si porta ad ebollizione;
  3. Si aggiungono le mandorle mescolando con un cucchiaio di legno finche l’impasto non produca delle bolle “che si sollevano”;
  4. Si fa raffreddare l’impasto sulla maida successivamente lo si raffina con una macchina e si formano dei pani di pasta reale che variano da 1 a 3 kg;
  5. Per il pistacchio si fa lo stesso procedimento;
  6. La velata viene fatta con lo zucchero e l’acqua sciolti in un tegame;
  7. Il decoro viene fatto con dei fiorellini colorati e delle palline di zucchero color argento chiaramente il viso viene colorato con il pennellino.

Completiamo la nostra breve trattazione sull’Agnello Pasquale con una breve storia della sagra. Nasce nel 1997 per iniziativa di un Assessore alla Cultura Antonio Moscato. L’obiettivo era ed è quella della valorizzazione, la commercializzazione del prodotto portandolo ad un riconoscimento del marchio di qualità europeo. Nella settimana Santa, a Favara si svolge la Sagra dell’Agnello Pasquale. La manifestazione offre al visitatore la possibilità di ammirare la maestria con la quale i produttori locali elaborano gli agnelli. Uno spettacolo di colori, forme e sapori che vengono offerti ai visitatori con le diverse serate dedicate alla degustazione. L’edizione 2003 ha visto la realizzazione del primo Agnello Pasquale registrato nei guinness dei primati pesava 202 Kg. La manifestazione viene curata con l’associazione turistica Pro Loco Castello di Favara di cui io sono il presidente.

Per completare solo parzialmente il nostro piccolo percorso culinario ecco vi una ricetta per un primo piatto:

I “Sucameli” per 4 persone

Prima di preparare la pasta si andava al fiume per tagliare una specie di canna chiamata in dialetto “i busi” il loro diametro no doveva superare i 2 millimetri quadrati. Raccolti “i busi” si tagliano ad una lunghezza di circa 20 cm.

Si prepara l’impasto di farina di semola di grano duro 250gr;

Si formano delle piccole palline un po’ più grandi di una biglia ;

Si spiana la pasta con il “buso” facendola aderire su tutta la lunghezza dello stesso;

Si estrae la pasta ed è pronta ad essere butta in acqua salata è bollente.

Il sugo si prepara con 200 gr di carne di maiale precisamente la parte detta “frischettu” che viene prelevata dal torace del maiale;

Si fa a pezzetti la carne con un coltello in modo da ottenere un ragù;

Il soffritto si prepara con la cipolla e le carote con l’aggiunta di vino bianco secco quando mettiamo il tritato si aggiungere la passata pomodoro quanto basta portare a cottura a fuoco basso per circa 30 minuti.

Chef Antonio D’Anna

Tutte le ricette sono frutto di una ricerca storica non ci assumiamo responsabilità per eventuali messa in opera delle stesse.

La produzione dei dolci tipici a Favara

La produzione di dolci tipici a Favara avviene in relazione con le festività religiose. E’ il caso dell’Agnello Pasquale che costituisce il più singolare e rinomato dei nostri dolci, apprezzatissimo in tutta la Sicilia. Nei giorni che precedono la festività di Pasqua molti forestieri si recano a Favara per comprare l’agnello prodotto dai pasticcieri in maniera artigianale. Da sempre la Pasqua viene festeggiata a Favara. Notizie certe abbiamo nel 1636 quando veniva salutata dai favaresi con mortaretti, giochi pirotecnici e con la presenza di musici con trombette e tamburi. Circa la produzione dell’Agnello Pasquale sino ad oggi non abbiamo trovato traccia, nei secoli XV-XVIII. Bisogna arrivare alla fine dell’Ottocento per avere dettagli circa la composizione e la produzione dell’Agnello Pasquale. Si tratta di un ricettario di dolci e gelati appartenuto ad una ricca famiglia della borghesia agraria e zolfifera dell’Ottocento favarese, in cui tra le numerose ricette di dolci e gelati, riscontriamo il nostro Agnello Pasquale. Si tratta di un documento eccezionale in cui per la prima volta si parla di pasta reale, impasto di farina di mandorle cotte e macinate in maniera finissima resa semisolida da zucchero sciolto in acqua calda e lavorato amano. La pasta reale, rappresenta la parte esterna dell’agnello mentre il ripieno risulta costituto da una miscela di mandorle e pistacchio macinati, legati a zucchero e cotti al fuoco per alcuni minuti con poca acqua. All’esterno della pasta reale una velata di zucchero con ornamenti e decorazioni. Si tratta di una produzione che merita di essere valorizzata ed esportata anche fuori dalla Sicilia. Occorre rilevare che da pochi anni è nata, soprattutto per l’interesse della Pro Loco e del Comune di Favara, la Sagra dell’Agnello Pasquale, e Favara comincia ad essere chiamato il Paese dell’Agnello Pasquale.

Filippo Sciara

 

La Sagra dell’Agnello Pasquale

Dal 1997, nella settimana Santa, a Favara si svolge la Sagra dell’Agnello Pasquale. La manifestazione offre al visitatore la possibilità di ammirare la maestria con la quale i produttori locali elaborano gli agnelli. Uno spettacolo di colori, forme e sapori che vengono offerti ai visitatori con le diverse serate dedicate alla degustazione. L’edizione 2003 ha visto la realizzazione del primo Agnello Pasquale registrato nei guinness dei primati pesava oltre 212 Kg.